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L'autobiografia scientifica di Max Planck aiuta a comprendere meglio il suo "mondo" concettuale e le difficoltà incontrate nell'assimilare il "novum" introdotto, e ad assegnare un ruolo non secondario al "credo" epistemologico-filosofico di fondo che gli ha permesso di compiere dei passi decisivi nella storia della fisica. Nello stesso tempo essa si rivela una testimonianza di natura teoretica di quel "realismo inquieto" che lo ha caratterizzato in maniera costante, oltre a ribadire il fatto che le questioni filosofiche affrontate sono scaturite dai problemi scientifici al centro del suo percorso di ricerca. In tal modo viene inoltre ad acquistare più senso epistemico l'idea stessa di assoluto, liberato da interpretazioni fideistiche o provvidenzialistiche. Introduzione di Mario Castellana. Postfazione di Marco Mazzeo.